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Gastronomia Siciliana: ARANCINO O ARANCINA
Il Magazine sul Made in Sicily
Pubblicato da Sicilianet.net in Prodotti Tipici Siciliani · 5 Dicembre 2020
Si avvicina il giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre, quando si mangiano tradizionalmente queste bontà e se ne sfornano migliaia e migliaia, allora vediamo di fare un po di ordine sull'origine delle ARANCINE/ARANCINI:
L’Accademia della Crusca, che sulla questione si è pronunciata ufficialmente: “Il gustoso timballo di riso siculo deve il suo nome all’analogia con il frutto rotondo e dorato dell’arancio, cioè l’arancia, quindi si potrebbe concludere che il genere corretto è quello femminile: arancina. Ma non è così semplice”.



L’origine del nome: arancia
L’origine di questa pietanza, come di tutte quelle a base di riso nell’Italia meridionale, è da collocare durante la dominazione araba, tra il IX e l’XI secolo. Gli Arabi avevano infatti l’abitudine di appallottolare un po’ di riso allo zafferano nel palmo della mano, per poi condirlo con la carne di agnello. Come notava Giambonino da Cremona nel XIII secolo nel suo Liber de ferculis, gli Arabi tendevano a chiamare tutte le loro polpette con un nome che rimandasse a un frutto in qualche misura simile: ecco allora le arancine, ispirate all’agrume di cui l’isola era ricca.



In dialetto “arancinu”
L’arancina siciliana comparve molto tardi nei ricettari che oggi conosciamo: nel XIX secolo. Al punto che alcuni dubitano di un reale collegamento con la cucina araba. Nel Dizionario siciliano-italiano di Giuseppe Biundi (1857) compare il termine “arancinu”, definito come “vivanda dolce di riso fatta alla forma della melarancia”. Il passaggio al salato è documentato per la prima volta nel Nuovo vocabolario siciliano-italiano di Antonino Trina (1868), ed è probabilmente a questa variante che si ispirano le “crocchette di riso composte” dell’Artusi, che però non prevedono ancora né la carne, né il pomodoro, probabilmente una introduzione di poco posteriore.
Ma se il termine originale è “arancinu”, come tradurlo in italiano? Al maschile o al femminile? Seguiamo il ragionamento della Crusca: “Nel dialetto siciliano, come registrano tutti i dizionari dialettali, il frutto dell’arancio è aranciu e nell’italiano regionale diventa arancio”. Quindi “arancinu” nel dialetto siciliano era ed è declinato al maschile, come attestano entrambi i vocabolari ottocenteschi sopra citati. “Del resto, alla distinzione di genere nell’italiano standard, femminile per i nomi dei frutti e maschile per quelli degli alberi, si giunge solo nella seconda metà del Novecento, e molti parlanti di varie regioni italiane – Toscana inclusa – continuano tuttora a usare arancio per dire arancia”.



Al femminile è meglio
Dunque, “arancinu” in origine si traduceva sicuramente come “arancino”, ma la codifica del maschile per l’albero e del femminile per il frutto propria dell’italiano, intervenuta successivamente, avrebbe determinato un “cambio di sesso” in “arancina”. Secondo la Crusca, entrambe le forme sono corrette anche se “il femminile tuttavia è percepito come più corretto – almeno nell’impiego formale – perché l’opposizione di genere è tipica nella nostra lingua, con rare eccezioni, per differenziare l’albero dal frutto. Si può ipotizzare che il prestigio del codice linguistico standard, verso cui sono sempre state più ricettive le aree urbane, abbia portato la forma femminile arancia a prevalere su quella maschile arancio nell’uso dei palermitani. Essi, avendo adottato la forma femminile per il frutto, l’hanno di conseguenza usata nella forma alterata anche per indicare la crocchetta di riso: dunque, arancina”. Come, tra l’altro, testimonia la più antica citazione letteraria di questa specialità, quel passo dei Vicerè del catanese Federico De Roberto in cui si parla di “arancine di riso grosse ciascuna come un mellone”. Dunque, vanno bene entrambi i termini, ma guardando la bibliografia vincerebbe la parola “arancina”.
In ogni caso Gaetano Basile, giornalista, storico ed esperto di tradizioni siciliane, mette la parola fine all'eterna diatriba sulla specialità siciliana.

Guarda il Video di Gaetano Basile



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