I VICERE' SPAGNOLI: - La Sicilia e l'Imperialismo Aragonese Dalla conquista Romana in poi, la Sicilia era uno stato indipendente. Benche' fosse sottomessa a dinastie straniere, aveva un governo autonomo ed una politica propria. Dopo la morte di Martino il Giovane diventava una dipendenza Spagnola amministrativa per delega. Sotto il nuovo regno, l'isola doveva giocare un ruolo importante. Il re d'Aragona voleva costituirsi un grande impero nel mediterraneo Occidentale: gia' padrone della Sardegna e della Sicilia, sognava di conquistare tutta l'Italia del Sud. L'isola servi' da base per le operazioni che organizzo' contro gli ultimi angioini di Napoli (1425-1442) e che dovevano portare alla sconfitta del re Renato ed alla conquista del suo regno. La Sicilia furono ancora riunita fino alla morte di Alfonso V. Il re effettuo' diversi soggiorni nell' Isola, di cui riattivo' un po' la vita economica. Fece eseguire importanti lavori, specialmente nel porto di Palermo e fondo' l'Universita' di Catania. I suoi successori, don Giovanni d' Aragona (1458-1516) e Ferdinando il Cattolico (1479-1516) non si preoccuparono molto della Sicilia. Eppure due importanti misure datano del periodo di Ferdinando, l'espulsione degli Ebrei (1492), che costitui' un grave pregiudizio per l' economia siciliana, e l' introduzione nell' Isola del tribunale del Sant' Uffizio (1513). Alla morte di Frdinando, la corona passo' a suo nipote, il futuro Carlo V (1516-1554), fondatore della dinastia degli Asburgo di Spagna ed imperatore di Germania a partire dal 1519. |
LA SICILIA E LA POLITICA MEDITERRANEA DI ASBURGO:
Sacrificata agli interessi della Spagna, l'isola sopportava male un regime che provocava la propria decadenza. All'inizio del regno di Carlo, le difficolta' finanziarie e fiscali, le esazioni del vicere' Ugo di Moncada suscitarono una grave insurrezione. Tuttavia il successore di quest' ultimo commise l' errore di perseguitare i responsabili dell' insurrezione. I disordini che ne derivarono permisero ad alcuni congiurati diretti da un aristocratico, Squarcialupo, di organizzare una nuova spedizione nella speranza di stabilire in Sicilia un regime repubblicano; il palazzo dell'inquisizione venne incendiato. Ma Squarcialupo fu tradito e assassinato, ed il movimento, che mancava di basi popolari, venne represso dall'esercito (1517). Nel 1523, un nuovo complotto, ordito a Roma e che mirava a costituire in Sicilia un regno indipendente sotto il protettorato del re di Francia, doveva pure fallire. Intanto dopo la presa di Costantinopoli (1453) e la morte di Maometto II (1481), la potenza Turca si era ancora accresciuta. Solimano minacciava le posizioni di Carlo V sia nel Mediterraneo, sia nell'Europa Centrale. La Sicilia divenne una base importante nella lotta contro il "barbarossa" e contro i pirati. I vascelli siciliani parteciparono alla spedizione imperiale contro Tunisi. Dopo il suo successo, Carlo V venne a celebrare il proprio trionfo a Palermo (1535). Tuttavia il suo passaggio deluse le speranze che aveva suscitato: l'imperatore si accontento' di misure approssimative per rimediare alla parzialita' della giustizia. |
DECADENZA E
MISERIA:
Dopo la scoperta del Nuovo Mondo e l'apertura degli scambi attraverso l'Atlantico, la posizione della Sicilia al centro del Mediterraneo era diventata molto meno vantaggiosa: la sua importanza economica e la sua prosperita' ne avevano sofferto. L'isola subiva il potere arbitrario del vicere' assistito della Grande Curia, da diverse corti di giustizia e dal temibile Tribunale dell'Inquisizione. Ma, in realta', era amministrato malissimo: soffriva dell'estrema lentezza delle decisioni del potere centrale, delle difficolta' finanziarie della monarchia, del disordine e della corruzione dell'amministrazione locale. Sottomesso e decadente, il Parlamento votava generosamente le imposte: la Sicilia contribui' cosi' largamente a finanziare la rovinosa politica dei re di Spagna che la rarefazione della moneta paralizzava la sua economia. D'altra parte, la legislazione dei cambi aveva provocato il fallimento di numerose banche nel XVI secolo e questo aggravava ancora la situazione finanziaria. Le poche industrie dell'isola, quelle della stoffa e della seta, erano in piena decadenza dopo un "pericolo" di precedente prosperita'. Nonostante l'immigrazione albanese del XV secolo, la popolazione aumentava piuttosto lentamente: negli ultimi anni del secolo, superava appena il milione. Tra l'aristocrazia nobiliare ed il proletariato rurale, non esisteva una classe media. In realta', il paese un tempo attivo e dinamico, era incapace di scuotersi dal torpore del regime feudale. Tutto contribuiva a mantenere le immense proprieta': la mancanza di strade, la rarita' dei punti d'acqua, il brigantaggio e l'insicurezza provocavano la concentrazione della popolazione rurale in quelle grosse borgate che sussistono tuttora nell'interno dell'Isola. D'altra parte la politica dei vicere' favoriva la nobilta' e i grandi personaggi del regime. Capitava che le citta' e i beni delle proprieta' reali venissero venduti ai baroni. Alcuni latifondi diventavano veri e propri stati: i loro padroni esercitavano la giustizia ed imponevano tasse. Molte di queste proprieta' venivano gestite malissimo, sfruttate a pezzetti e per un breve periodo da contadini miseri e privi di iniziativa. Importanti superfici rimanevano in maggesi erbosi. La produzione di cereali tendeva a diminuire e l'Isola non bastava piu' alle proprie necessita' alimentari. Il commercio del grano era minuziosamente controllato dai "caricatori" o granai nazionali che regolavano l'esportazione e l'approvvigionamento interno. I certificati di deposito che essi rilasciavano avevano valore di moneta: in periodo di rarefazione del numerario, avrebbero dovuto facilitare il commercio, ma i "caricatori", spesso concessi a dei nobili, prelevavano diritti eccessivi e provocavano ogni genere di abusi di fiducia. Rallentarono gli scambi e si rivelarono incapaci di evitare le carestie, aggravate ancora dall'epidemia e dall'impoverimento generale. Il sottoproletariato non organizzato, versatile, non aveva nessuna coscienza politica: pronto a partecipare alle sommosse, era ancora incapace di una vera rivoluzione. In queste condizioni scoppiarono i disordini che insanguinarono la Sicilia nel XVII secolo, durante i regni di Filippo IV (1621-1665) e di Carlo II (1665-1700). La crisi raggiunse il suo culmine alla meta' del secolo. |
LA SICILIA E LA POLITICA EUROPEA:
Intanto la diplomazia del re di Francia non si disinteressava della Sicilia. La Francia e l'Austria si erano divise la successione di Carlo II molto prima della sua morte. Il segreto Trattato della divisione (1668), poi il Trattato di Londra (1700) attribuivano il Regno di Napoli e la Sicilia a Luigi XIV che contava di scambiarli con la Lorena e la Savoia. Tuttavia il testamento di Carlo II mando' all'aria tutti questi accordi: egli designava come unico erede un nipote di Luigi XIV, il duca d'Angio' che divenne re di Spagna col nome di Filippo V (1700). Durante tutta la guerra di Successione di Spagna, la sorte dell'infelice Sicilia venne giocata sui campi di battaglia delle Fiandre, di Germania e di Spagna. Nel 1713, il Trattato di Utrecht attribui' l'Isola al duca di Savoia, Vittorio Amedeo, che era rientrato nella coalizzazione antifrancese nel 1703. La Sardegna ed il Regno di Napoli spettavano all'imperatore Carlo VI. Ma ne' Vittorio Amedeo, ne' il vicere' Annibale Maffei, paralizzati da una controversia con il Papa riguardante la delegazione apostolica, poterono realizzare alcuna riforma seria nell'Isola. Ben presto la Sicilia torno' ad essere l'oggetto delle bramosie e degli intrighi spagnoli. La seconda moglie di Filippo V, Elisabetta Farnese, desiderava assicurare un trono fuori dalla Spagna a suo figlio. Le sue manovre ed i vasti progetti del cardinale Alberoni decisero Filippo V a tentare di riconquistare gli antichi possedimenti della Casa di Spagna nel Mediterraneo. Egli si impadroni' della Sardegna e lancio' 30.000 uomini in Sicilia. Ma l'opposizione della Quadruplice Alleanza e la distribuzione della sua flotta ad opera degli Inglesi a Capo Passero lo costrinsero a rinunciare alla Sicilia (1718-1720). L'Isola venne attribuita all'Imperatore che, in cambio cedette la Sardegna alla Casa di Savoia. Intanto i progetti di Elisabetta Farnese dovevano realizzarsi quindici anni piu' tardi, quando gli Austriaci vinti nella guerra di Successione di Polonia, dovettero abbandonare Napoli e la Sicilia a suo figlio, don Carlo, che venne incoronato a Palermo nel 1735 e confermato nei propri diritti dalla pace di Vienna (1738). Questa e' l'origine dei Borboni di Napoli la cui dinastia doveva regnare sull'Italia del Sud e sulla Sicilia fino al 1860. |