Il carretto siciliano: da mezzo di trasporto a opera d'arte
Pubblicato da Sicilianet.net in Artigianato Siciliano · 8 Ottobre 2025
Oggi il carretto siciliano insieme all'opera dei pupi è ormai un simbolo della Sicilia, tanto che è in attesa di intraprendere il percorso per il conseguimento del riconoscimento Unesco quale Patrimonio dell'umanità.

Fu nel 1778, dopo lo stanziamento per il rifacimento delle strade da parte del parlamento siciliano, che ebbe inizio la diffusione di questi carretti “illustrati”. Da principio, ovviamente, si trattava di strutture semplici, a tinte uniche ed essenziali, con ampie ruote per permettergli di superare i terreni scoscesi e tortuosi. Con la loro diffusione nacque una sorta di catena di montaggio con tante figure a cui era assegnato un singolo compito: i pittori si occupavano delle rappresentazioni, riempiendo il carretto di colori e di gesta cavalleresche, mitologiche, romanzesche e storiche; l’intagliatore, delle componenti in legno; “u firraru”, degli elementi in ferro che forgiava; “u carradore”, (o birocciaio), della costruzione del carretto, intaglio dei fregi, ferratura della ruota; la sua officina era dotata degli strumenti simili a quelli del falegname e del fabbro, dove realizzava tutte le parti che compongono il carro: ƒonnu ri coscia, masciddari, puteddu, chiave d’arreri e infine la ruota, costituita da 12 ammozzi, i raggi; “u siddaru”, invece, della preparazione dell’animale da traino, in genere un mulo, asino o cavallo, con ornamenti, pennacchi e campanellini. Sulle bardature del cavallo, riccamente addobbato, venivano distribuiti dei campanellini che dovevano attrarre, nel caso in cui i colori vivaci non fossero bastati a tale scopo.

I carretti siciliani, strutturalmente, differiscono per le forme dei laterali e per l'altezza: quelli palermitani, ad esempio, hanno i "masciddari" (i laterali) con tre "barruni" e due riquadri con la sponda di forma trapezoidale; al Museo d'Aumale, tuttavia, sono presenti anche quelli della zona del trapanese che appaiono meno ricchi in decori ma solamente perchè erano utilizzati come trasporto merci quindi avevano sponde laterali più alte per il trasporto del sale.

I carretti nacquero all'epoca, infatti, per collegare, nelle aeree orientali, le miniere ai porti di sbarco; nell'area occidentale, invece, per il trasporto delle uve nei diversi vigneti. Erano dunque mezzi di lavoro che venivano distinti in: "vinaroli" (trasporto delle vinacce), "furmintari" (trasporto del grano) e "rinaroli" (per il trasporto dei materiali quali sabbia).
Nell'800 i carrettieri che diventavano piccoli imprenditori, con il rafforzamento anche delle strade cittadine, furono i promotori della produzione dei "carretti della domenica e dei festivi", molto più belli e decorati che servivano per portare in giro la famiglia. A distanza di secoli i carretti, e la loro storia, vengono rievocati attraverso manifestazioni, come ad esempio la “Rietina”, tra le più importanti nel panorama regionale, un importante raduno di carretti, la cui origine risale al 1739 e si svolge in diversi luoghi dell'Agrigentino. La più nota è a Campobello di Licata, dove anima una colorata sfilata che attraversa tutti i quartieri del paese. All’imponente raduno, che richiama ogni anno migliaia di visitatori, partecipano circa cento carretti addobbati e accompagnati da gruppi folkloristici che provengono da tutta la Sicilia. Dagli anni’50 la diffusione delle auto ha confinato il carretto a un elemento folkloristico e a presenziare a sagre, feste di paese e, nelle città, a portare a spasso entusiastici turisti, è riuscita a influenzare anche il mondo dell’arte e della moda.
