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Cattedrale di Palermo nel 1761

Cattedrale di Palermo

Palazzo dei Normanni nel 1847

Palazzo Reale

La Martorana

Piazza Castelnuovo

Piazza Bologna

La Zisa

Foro Italico

La città di Palermo, adagiata fra il mare, il promontorio di Monte Pellegrino e gli agrumeti della Conca d’Oro, oltre che capoluogo della Regione Autonoma istituita nel 1947, può essere considerata oggi, a ragione, l’unica vera metropoli della Sicilia, il polo intorno a cui ruota tutta l’attività economica, politica e culturale dell’isola. Un ruolo privilegiato, dunque, che le deriva da una storia secolare, da sempre segnata dalla felice posizione geografica. Se, infatti, sulle pendici di Monte Pellegrino l’uomo comparve fin dal Paleolitico, furono i Fenici, nell’VIII secolo a.C., ad apprezzare per primi i pregi di quell’insenatura naturale che è oggi la Cala e che a quell’epoca, più profonda di quasi 500m, non tardò ad imporsi come scalo fondamentale per i traffici dell’intero Mediterraneo. Da allora il porto non avrebbe mai più abdicato alla sua funzione trainante non per l’economia, ma anche per la stessa storia palermitana: fu da esso che la città prese il nome; fu il porto che le consentì di stabilire contatti, di volta in volta, con tutte le maggiori e più evolute civiltà, acquisendo una fisionomia tipicamente cosmopolita; e fu ancora la sua importanza commerciale e strategica a donare alla città una ininterrotta fortuna, tutelata e incentivata nei secoli da soggetti egemoni diversi. Ai Fenici, infatti, succedettero nel V secolo a.C. i Cartaginesi, cui nel 254 a.C. subentrarono i Romani, che fecero della città, stretta costantemente intorno al suo porto e fortificata, un fiorente municipio. Dopo una parentesi di quattro secoli in cui si registrò il repentino avvicendarsi di Vandali, Ostrogoti, Longobardi e Bizantini, la conquista araba dell’831 riservò a Palermo un nuovo periodo di sfolgorante splendore. L’antico abitato si arricchì di nuovi quartieri, tutti arroccati intorno al porto, e il loro tessuto viario, con l’intrecciato susseguirsi di vicoli che si conserva ancora oggi, rimane ai nostri giorni una delle poche testimonianze di quello che dovette essere uno dei più ricchi empori del Mediterraneo, contraddistinto ben presto da caratteristiche prettamente orientali, con moschee, splendidi palazzi, popolosi mercati, e che dal 948, eretto a capitale di uno Stato autonomo, fu anche sede di un emiro. I confini della sua estensione erano ancora quelli della “Paleapoli”, la città fortificata che oggi costituisce il cuore antico di Palermo, pur presentando monumentali punti di riferimento ormai riconducibili palesemente alla dinastia che agli Arabi sarebbe succeduta. Nel 1072, infatti, Roberto il Guiscardo guadagnava l’isola dei Normanni, nel 1130 Ruggero II veniva incoronato re di Sicilia, e con lui i suoi successori, fino al munifico Guglielmo II, tutta la città conobbe un fervore di opere  che le garantì un nuovo rigoglio architettonico. Con Enrico VI ai Normanni succedettero gli Svevi, che ebbero in Federico II, figlio di Enrico e di Costanza, ultima erede della dinastia normanna, un sovrano colto e magnifico, capace di creare a Palermo una corte splendida, vero faro illuminante per le lettere, le scienze, la cultura di un’epoca. Nel 1266 sull’isola giunsero gli Angiò, che con il loro prepotente malgoverno, sfociato nel 1282 nella cruenta rivolta del Vespro, agevolarono presto l’ascesa al potere degli Aragonesi. Fu allora che un ruolo predominante cominciò ad essere giocato dalle potenti famiglie feudatarie, capaci di innalzare splendidi palazzi (ad es. Palazzo Chiaramonte) destinati a divenire i fulcri intorno a cui andò delineandosi il nuovo assetto urbanistico della città. Ma la vera trasformazione si sarebbe registrata solo a partire dal Cinquecento, con l’insediarsi dei viceré spagnoli e un riassetto architettonico e urbanistico che coinvolse anche centri di potere e spazi pubblici e che portò in breve alla divisione nei quattro quartieri canonici e ad un fiorire di chiese, monasteri, palazzi, nonché di fontane e monumenti che abbellirono le piazze e strade nuovamente concepite. E se questa tendenza non si interruppe neppure con l’avvento dei Borboni, nel 1734, solo nell’Ottocento Palermo riuscì a valicare i confini della città fortificata per espandersi radicalmente al seguito dell’ampliarsi del porto. Col XX secolo l’espansione procedette verso nord, fino a raggiungere quella Mondello che ormai costituisce il lido prediletto dei Palermitani. Eppure, nonostante oggi Palermo si presenti con un aspetto moderno e operoso, guadagnato anche a prezzo di un aggressivo spopolamento del centro antico, gravemente danneggiato dal terremoto del 1968, la sua anima conserva ancora molto del complesso retroterra storico, che affiora prepotente nel vivace folclore cittadino: lo dimostrano non solo le processioni, i carri trionfali e le animate feste popolari ma anche e soprattutto le peculiari figure dei cantastorie, con le loro tavole illustrate dall’incredibile fascino naif; il cromatismo acceso dei tipici carretti che continuano a vivacizzare, con la propria presenza, strade e piazze; il celeberrimo Teatro dei Pupi, che con autentica suggestione fa rivivere le gesta di Cavalieri e Paladini, celebrando inconsapevolmente, nel loro trionfo sugli Arabi infedeli, un pezzo di storia che sembra sopravvivere nascosto nella memoria più recondita della città.