LA VALLE DEL FIUME SOSIO

Non mancano in Sicilia angoli ancora intatti e ricchi di meraviglie, che grazie all’impegno locale e delle associazioni ambientalistiche sono riusciti  sfuggire alle speculazioni edilizie ed industriali ed alla irrispettosa noncuranza della gente. Uno di questi angoli, forse tra i più interessanti e belli, si trova nel territorio di Palazzo Adriano (PA) proprio al centro della Sicilia occidentale: la Valle del fiume Sosio o Verdura. Questo corso d’acqua nasce nella cosiddetta Serra del Leone nei comuni di S. Stefano di Quisquina e Bidona e, col nome di Sosio, percorre questa splendida vallata. Dopo questo primo tratto, le acque del fiume penetrano all’interno della “Listi d’u firriatu” una profondissima gola, di notevole interesse geomorfologico, lunga 8 km e profonda 300 m dominata, dall’alto di una rupe, dai ruderi del Castello Gristia vicino Bugio. Chiunque visiti questa zona potrà subito apprezzarne con una breve escursione le bellezze geologiche, botaniche e paesaggistiche. Il paesaggio vegetale della vallata è costituito, in gran parte, da estesi boschi soprattutto di lecci, roverelle e corbezzoli, sotto ai quali è spesso presente un fitto sottobosco di erica, rovo, felce aquilina,ecc. Soprattutto nei periodi di passo, è  possibile effettuare un sorprendente birdwatching: infatti, la valle si trova lungo il percorso seguito da varie specie di uccelli migratori, nibbi, pecchiaioli, e vari falconidi, tra cui gheppio, lanario, lodolaio, ecc. Nei boschi si possono osservare ricci, volpi, conigli selvatici e, tra gli uccelli, fringuelli, beccacce, picchi rossi maggiori, numerose cince, silvie e rampichini. La valle però è conosciuta in tutto il mondo per il grande interesse paleontologico che rivestono i blocchi calcarei fossiliferi ricchi di macro – e microfaune marine (soprattutto crostacei in profondità) risalendo al Permiano, ultima era del periodo paleozoico. Questi resti emergono da cinque blocchi calcarei scoperti nel secolo scorso dal geologo Giorgio Gemmellaro. Gli unici due rimasti integri dall’azione di saccheggiatori e di “appassionati” stranieri, la Pietra di Salamone e la Rocca di San Benedetto, sono di dimensioni notevoli (sino a 200 m di lunghezza e circa 30 di altezza). Degli altri tre merita un cenno la Pietra dei Saraceni in cui è scolpita una scala che porta fino ad un pozzo circolare per la raccolta dell’acqua piovana. Attualmente i fossili più interessanti sono conservati al Museo Geologico Gemmellaro di corso Tukory a Palermo. Da Palermo si percorre la SS. 121 per Agrigento sino a Lercara Freddi; quindi si percorre la SS. 118 sino al bivio di Filaga prima e di Prizzi da dove si procede per Palazzo Adriano (m 696 s.l.m.). Da qui si scende in direzione del torrente San Calogero, alla diga del lago Gammauta, dove di può lasciare l’automobile. Chiedendo l’autorizzazione al personale dell’ENEL, occorre attraversare la diga e percorrere il sentiero che si snoda sul versante sinistro della valle costeggiando in parte il fiume. Risalendo per Piano Inglese e per contrada Boschigliera si raggiunge la dorsale della Serra San Benedetto dalla cui estremità occidentale (4 km dalla diga) si gode dell’ampio panorama su gran parte della vallata e da dove si può incominciare l’esplorazione della valle del Sosio e dell’immenso bosco di Adriano. Durante la camminata si ammirano splendidi esemplari di alberi di leccio che, essendo cresciuti isolati, hanno potuto svilupparsi e ramificarsi liberamente, circondati da verdi prati dove si può sostare ed organizzare piacevoli picnic. Prima di intraprendere la via del ritorno risalendo per un breve tratto il corso del torrente S. Calogero, si possono raggiungere in poco tempo la Pietra dei Saraceni ed ancora oltre quella di Salamone.